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VITA E LAVORO: COME FIORIRE IN UN MONDO CHE CAMBIA | Convegno annuale ISFiPP-SSCF (Ottobre 2022)
Lo scorso weekend sono intervenuta come relatrice all’annuale Convegno ISFiPP -SSCF, imperdibile appuntamento organizzato dall’Istituto Superiore di Filosofia, Psicologia, Psichiatria e dalla Scuola Superiore di Counseling Filosofico.
Il tema di quest’anno è stato “Vita e morte: Filosofia, psicologia e biologia dell’esistenza“. Come ogni anno, il Convegno ha visto l’intervento di professionisti di diverse discipline, che attraverso i loro contributi hanno consentito di affrontare ed approfondire il tema con una prospettiva multi sfaccettata ed ispirata alla complessità.
Il mio intervento, intitolato “Vita e Lavoro: come fiorire in un mondo che cambia“, si è focalizzato sulla relazione tra Vita e Lavoro, proponendo una nuova interpretazione di fenomeni rilevanti della nostra contemporaneità.
Grandi dimissioni, quiet quitting, burnout, Human Sustainability: il mondo del lavoro appare oggi scosso da fenomeni che riguardano la vita di ciascuno di noi e ci interpellano a livello personale e/o organizzativo.
Proponendo una lettura con uno sguardo insieme comprensivo e filosofico, l’intervento ha scandagliato la relazione tra vita e lavoro attraverso un percorso guidato da tre immagini “filosofico-botaniche” e strumenti interpretativi mutuati dal pensiero di M. Zambrano.
Stare bene al lavoro: il benessere attraverso la cura. | Evento | Digital Talk
Lo scorso 11 Ottobre ho moderato un nuovo appuntamento dei nostri Caring Company Digital Talk Lifeed.
Il focus di questo nuovo dialogo è stato il benessere mentale attraverso la cura.Proprio il giorno prima, 10 Ottobre, si era celebrata l’annuale Giornata mondiale per il Benessere mentale, indetta dall’OMS per sensibilizzare le persone sull’importanza di dedicare cura al proprio ben-essere, un elemento essenziale nel determinare la qualità della nostra vita e delle nostre relazioni.
Attraverso i dati dell’Osservatorio Vita-Lavoro di Lifeed presentati dalla collega Martina Borsato ed i dati di altri importanti partner di ricerca quali l’Osservatorio HR del Politecnico di Milano, abbiamo toccato con mano quanto il prendersi cura di sé sia davvero un bisogno sempre più urgente e pervasivo: pensate che solo 1 persona su 10 infatti dichiara di “stare bene” su tutte le dimensioni (fisica, psicologica e sociale) che costituiscono il nostro benessere.
Ci siamo poi confrontati con le nostre ospiti per approfondire le iniziative ed azioni messe in campo da alcune eccellenze aziendali: con Arianna Conca di Chiesi Group e Raffaella Maderna di Lundback abbiamo parlato del ruolo del Management e della Leadership, dell’importanza dell’ascolto, e dei programmi di supporto messi a disposizione dalle aziende.A questo link potete visualizzare il dialogo richiedendo il video dell’evento on-demand: Video Dialogo “Il benessere mentale attraverso la cura”.
Per commentare e/o condividere, ecco il link al post LinkedIn:
Ci vediamo il 17 Novembre per il prossimo Dialogo Caring Company!
BEYOND DIVERSITY. Tra “normalità”, differenza e nuovi paradigmi del riconoscimento
Da anni mi occupo di tematiche ed iniziative che in ambito aziendale ed HR confluiscono sotto il cappello della Diversity, Equity & Inclusion. Una dimensione di ricerca e lavoro che ha accompagnato nel tempo la mia carriera professionale fino a trasformarsi negli ultimi anni in uno degli ambiti preponderanti e delle direttrici fondamentali del mio operare.
Negli ultimi mesi ho lavorato insieme al team Lifeed in maniera intensiva proprio su questi temi. Mi piacerebbe condividere con voi alcune riflessioni in merito, risultato mai definitivo di un percorso che vuole tenere insieme in ogni istante respiro teoretico-filosofico, esperienza sul campo, bisogni e voci emergenti dalla prassi.
Il concetto di diversità appare al mio sguardo profondamente ed implicitamente connesso al concetto di normalità.
Il concetto di normalità è infatti per sua natura un concetto di tipo comparativo, che tende ad indicare una regolarità o certa frequenza di tipo statistico o ancora, adottando una prospettiva più socio-culturale, qualcosa che appare normale in quanto “consueto, abituale, regolare…”. Appare inoltre piuttosto evidente ad un’osservazione descrittiva come ad affermare La normalità e “che cosa sia normale” siano generalmente i gruppi in posizione dominante.
“La normalità” è quindi un concetto spesso non neutro, che porta con sé la maggior parte delle volte una ben definita gerarchia di potere (esplicita o implicita che sia) ed un giudizio di valore.
E questo che cosa ha a che fare con “la diversità”?
Vorrei partire portando innanzitutto il discorso in una dimensione e prospettiva di tipo logico: pensiamo agli operatori elementari, laddove l’identità è una proprietà che può essere affermata ed attribuita ad un singolo elemento preso in esame, con un’operazione autoreferenziale di tipo tautologico, l’attribuzione della proprietà di “diversità” richiede invece la presenza di almeno due termini messi a confronto e paragone.
L’affermazione della diversità porta quindi con sè implicitamente e già da subito l’affermazione di una differenza tra due. Interessante a questo proposito la prima definizione e il primo significato attribuiti da Treccani alla parola differenza: “L’esser differente: mancanza di identità, di somiglianza o di corrispondenza fra persone o cose che sono diverse tra loro per natura o per qualità e caratteri”.
Essendo questa la prima definizione presentata, è probabile sia almeno in parte anche specchio del linguaggio comune e del suo uso quotidiano. Poiché le parole non sono mai neutre, è probabile che su un terreno pragmatico e nel suo utilizzo la parola differenza possa aver assorbito in maniera implicita l’aurea semantica di questa definizione “al negativo”: “essere differenti” potrebbe quindi fin da subito essere investito, percepito e vissuto come un “essere manchevoli di”.
Non partiamo proprio benissimo, non trovate?
Se invece proseguendo con Treccani spostiamo la questione su un piano più filosofico pare venirci in aiuto Aristotele:
“[…] in filosofia, per differenza s’intende l’alterità, ossia la non identità, tra cose appartenenti allo stesso genere e aventi in comune la qualità per cui differiscono (figura, forma, colore), sicché la differenza implica sempre una determinazione. Anche, il carattere o l’insieme di caratteri che costituiscono la differenza stessa: così, nella classica esemplificazione aristotelico-scolastica, la «razionalità» è la differenza (d. specifica) dell’uomo da altro ente dello stesso genere animale”.
Approdiamo così ad un concetto più positivo ed inclusivo di differenza e diversità: intese come alterità, come l’altro, e ancora, intese come differenza specifica, ossia riconoscimento di quell’insieme di caratteristiche che connotano e sostanziano questa identità-altra, la quale può essere comparata con me o altri in virtù di una più fondamentale comunanza.
Con questo passaggio apriamo il ventaglio delle possibilità semantiche ed interpretative e ci incamminiamo lungo una strada diversa dalla precedente: si apre infatti la strada del riconoscimento. Un riconoscimentoche, fondandosi su una più fondamentale comunanza, può partire dalla specificità ed unicità delle molteplici caratteristiche di ciascuno considerate in sé, nella propria ricchezza, varietà, abilità, e variazioni specifiche.
Questo cambia la prospettiva, cambia il punto di osservazione e muta il possibile punto focale, modificando di conseguenza parte dei nostri pre-supporti impliciti e delle possibili strade di significazione.
Concludendo, vorrei spostare queste considerazioni su un terreno molto più pragmatico, quello aziendale.
Ho avuto la fortuna di lavorare in prima persona, essere responsabile ed assistere a molteplici progetti di Diversity & Inclusion in azienda. Con gioia ho osservato negli ultimi anni una crescente sensibilità nei confronti di questi temi, che sono finalmente balzati in cima alle priorità delle Leadership, come dimostrano le molte analisi pubblicate sul tema.
Mentre proseguiamo il cammino verso una maggiore equità di trattamento, condizioni e possibilità per ciascuno, guardando avanti oltre all’attuale ritengo che nei prossimi anni diventerà importante non adagiarsi in un “già detto” o in un “già fatto” ma spingere sempre più in là l’asticella del riconoscimento e della valorizzazione.
Come fare?
Lavorando fin da ora sulle nostre abitudini di pensiero ed assunzioni implicite, che senza accorgercene potrebbero giocare un ruolo antagonista rispetto alla volontà dichiarata di sviluppare un ambiente lavorativo inclusivo che favorisca la promozione, valorizzazione e pari opportunità per tutti. Ruolo antagonista che paradossalmente rischia di essere ancor più marcato proprio in questo periodo di ridisegno del “Futuro del lavoro”, vorrei citare a proposito un passaggio emblematico tratto dalle ricerche di Gartner e pubblicato nell’ultimo HR Leaders Monthly Magazine:
“Hybrid work has the potential to significantly worsen diversity, equity and inclusion (DEI) outcomes for employees. For example, 76% of managers say on-site employees are more likely than remote workers to be promoted. Considering that women and employees from underrepresented groups are more likely to want to leverage hybrid or flexible work, managers’ proximity bias becomes a recipe for poor DEI outcomes.”
(Source: Gartner, HR Leaders Monthly Magazine Maggio 2022)Con una prospettiva più di lungo periodo ed ampia visione, il next step che si impone all’attenzione dovrà quindi essere un allenamento sia del pensiero che dello sguardo, attraverso pratiche riflessive come le pratiche filosofiche, che aiutino ad andare oltre e superare anche il tradizionale clustering delle differenze individuali raccolte nelle categorie e nei gruppi tradizionali di Diversity aziendale (by gender, age, ability etc etc).
Andando al di là dei cluster e verso la valorizzazione della molteplicità e della complessità: molteplicità di dimensioni e di diversità che abita già in ciascuno di noi… e molteplicità delle nostre irriducibili unicità.
Abacorn-manifesto: le radici del metodo
Assistiamo oggigiorno ad una vivace proliferazione di pratiche dedicate allo sviluppo personale, alla crescita, alla formazione di persone e team, al cambiamento, all’orientamento di carriera ed al supporto in situazioni complesse. Segno evidente di una domanda in crescita, riscontrabile sia a livello individuale che aziendale.
Già nel XVI secolo il noto filosofo induttivista Francis Bacon affermava che “scientia potentia est”, sapere è potere. Ricontestualizzando questa affermazione nel nostro mondo contemporaneo, se da un lato la quantità e varietà di informazioni e pratiche accessibili ha moltiplicato in maniera esponenziale le nostre possibilità conoscitive, dall’altro ha reso più difficile il compito del farsi strada tra esse, per scegliere in maniera informata e consapevole.
Ecco perchè ritengo deontologicamente importante dedicare questo breve articolo a condividere alcuni tratti chiave dell’approccio metodologico ed epistemologico che anima le pratiche riflessive, il Counseling Filosofico e le pratiche consulenziali di abacorn. Benchè le pratiche vengano disegnate e realizzate in maniera personalizzata sulla base delle esigenze dell’interlocutore, degli obiettivi e dello specifico contesto di riferimento aziendale, è possibile rintracciare, trasversale ad esse, un fil rouge sempre presente. Una sorta di DNA composto da valori profondi e da un insieme di sistemi di riferimento fondamentali.
Nei miei studi universitari ho avuto il privilegio di essere allieva del compianto filosofo G. Giorello e del Prof. C. Sinigaglia, laureandomi in Epistemologia delle Scienze Umane e Filosofia della Scienza: un’indagine critica dei fondamenti, dei presupposti e dei metodi è dunque sempre stata per me condizione preliminare imprescindibile per vagliare validità ed efficacia di qualsiasi forma di impresa umana, gnoseologica e/o pragmatica.
In linea con tale convinzione personale e forma mentis professionale, condivido quindi sinteticamente alcuni assunti fondamentali in cui le pratiche di abacorn affondano le proprie radici, nutrendosi di / facendosi guidare da:
– una concezione complessa e positiva dell’essere umano, concepito come un essere bio-psico-sociale. La realizzazione delle potenzialità e possibilità della persona ed il suo ben-essere sono posti al centro delle pratiche, adottando un atteggiamento di fiducia nei confronti delle capacità e risorse personali (paradigmi della complessità e del Counseling Umanistico);
– un atteggiamento filosofico ed insieme una modalità dello stare-in-relazione in maniera empatica, autentica ed evoluta. Che cosa significa? Porsi in un atteggiamento filosofico vuol dire porsi in un atteggiamento di ricerca condivisa, di esplorazione, al contempo di confronto e di incontro, essere da stimolo ad un pensare insieme, un pensiero dialogico. Mettere l’accento anche sulla dimensione relazionale è il necessario complemento di un atteggiamento filosofico che sceglie consapevolmente di essere ‘sensibile‘, attento all’Altro, mettendo in campo e a disposizione capacità e soft skills modellati in anni di lavoro ed esperienza professionale ed attraverso il trienno formativo da Counselor;
– una forma di consapevolezza essenziale delle dinamiche relazionali, che rende necessario per il consulente un serio, preliminare e profondo lavoro di conoscenza ed analisi di sé non auto-condotta. Su questo punto, tra le offerte formative disponibili la mia decisione è stata quella di specializzarmi in Philosophical Counseling & Practices presso la SSCF – Scuola Superiore di Counseling Filosofico, la prima e più antica scuola in Italia, fondata nel 1999 e diretta tutt’oggi dal Prof. Lodovico Berra, Medico specialista in Psichiatria, Psicoterapeuta e Counselor Filosofico. Ciò che ne deriva è da un lato il pieno rispetto degli strumenti, ambiti e metodi delle discipline psicologiche con le quali, nell’ottica di una complementare multidisciplinarietà, si intrattiene un fertile dialogo, e dall’altro al contempo una forte differenziazione da esse: le pratiche di abacorn non sono pratiche di tipo psicologico;
– un’intrinseca apertura alla interdisciplinarietà ed al dialogo con le più contemporanee scoperte scientifiche, teorie e pratiche della formazione aziendale, della Leadership e del management;
– una ricchissima, feconda tradizione millenaria di teorie e metodologie propriamente filosofiche, che connotano in maniera specifica le pratiche ed a cui poter attingere di volta in volta con flessibilità;
– una personale, diretta ed articolata esperienza in azienda: da oltre 14 anni lavoro come Responsabile presso grandi aziende multinazionali, brand all’avanguardia nel campo dell’innovazione, della consulenza e delle risorse umane, in cui quotidiana è l’interazione strategica con Manager ed Executives delle più importanti aziende italiane. Un punto di osservazione pragmatico privilegiato che ha consentito di forgiare una prospettiva personale unica, che tiene insieme Humanities e Digital, pragmatismo e vision, business acumen e sensibilità filosofica.
Un ultimo spunto di riflessione.
Coloro che bazzicano in contesti Business sanno benissimo quanto sia fondamentale, per porsi come attori efficaci in un mercato altamente competitivo, definire in maniera chiara il proprio posizionamento.
Quanto ho voluto qui proporre è in realtà qualcosa di lievemente differente: condividere i tratti salienti della postura esistenziale che alimenta le pratiche di abacorn. Perchè sia possibile comprendere non solo che cosa faremo insieme, ma anche chi incontrerete.
Formazione, Business e Filosofia: l’alba di una nuova collaborazione
I periodi che precedono l’avvio ed il lancio di nuovi progetti sono spesso fasi di gestazione in cui intenso è non solo il lavoro pragmatico perchè questi possano vedere la luce, ma anche il lavorìo interiore, lo sviluppo e l’evoluzione personali. Ciò è tanto più vero quanto più questi progetti siano sentiti come propri, rilevanti per la propria realizzazione esistenziale autentica.
Grazie anche al lavoro di continuo aggiornamento professionale interdisciplinare degli ultimi mesi, questo nuovo anno porta subito con sè una bella novità. Con piacere vi condivido l’avvio di una nuova collaborazione che mi vedrà, da Gennaio 2021, Docente per il corso di Filosofia nelle Aziende e nelle Organizzazioni presso la Scuola Superiore di Counseling Filosofico (SSCF) di Torino, dipartimento di Filosofia applicata dell’Istituto Superiore di Filosofia Psicologia Psichiatria (ISFiPP).
Una nuova, bella responsabilità in cui esperienza di Business, Filosofia e Formazione potranno danzare in dialogo sulle tre dimensioni, confluendo in una dinamica ed innovativa proposta formativa.
Nuove pratiche riflessive per lo sviluppo personale consapevole, wellbeing, lifelong learning e ‘reskilling’ delle capacità.
Per saperne di più sul Master, il calendario, il programma e le modalità di iscrizione, potete trovare maggiori informazioni qui e cliccando sull’immagine sotto:
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Filosofia e pandemia
A partire dalla seconda metà di febbraio 2020, l’Italia è stata il primo paese europeo ad essere tragicamente impattato dall’epidemia di COVID-19.
Nell’arco di un paio di settimane ci siamo trovati repentinamente a vivere due mesi in full lock down: un subitaneo strappo nel succedersi normale delle nostre giornate ci ha proiettato bruscamente in un nuovo contesto di drastico isolamento sociale.
Chiusi nelle nostre case, abbiamo assistito al dispiegarsi degli eventi scadenzati dal ritmo incalzante di notiziari ed aggiornamenti che, soprattutto nelle prime settimane, ci comunicavano con costanza uno scenario dai contorni sempre più tragici. Proprio da qui, dall’isolamento e dall’intimità delle nostre abitazioni, ciascuno di noi ha dovuto far appello alle proprie risorse per riuscire a far fronte ad una situazione completamente nuova, che ha impattato profondamente le nostre vite.
Ed è proprio a partire da questo comune isolamento che, grazie all’iniziativa dell’Istituto Superiore di Filosofia, Psicologia, Psichiatria (ISFiPP) Counselor filosofici, Psichiatri e filosofi hanno messo insieme i propri contributi e hanno voluto testimoniare con le loro riflessioni come la filosofia li ha aiutati ad affrontare questo momento così complesso. Il risultato è stato questo numero speciale della Nuova Rivista di Counseling Filosofico, una risorsa ricca di spunti e strumenti per affrontare questa nuova era distanti ma vicini e rinnovati dal fertile confronto con pensieri in movimento.
Ho contribuito con piacere a questo progetto, troverete il mio articolo “Una pausa caffè con sé” a pagina 18.
” Questo è un numero speciale della nostra Rivista, speciale nel vero senso della parola. Non abbiamo mai avuto finora un numero così focalizzato su una fase critica della nostra società e della nostra cultura, e nello stesso tempo eterogeneo nei suoi contenuti. Ogni Autore ha cercato di esprimere se stesso in piena libertà, senza limiti di contenuti, pagine o argomenti.
La Rivista è diventata così un incredibile contenitore di idee, pensieri, riflessioni che potranno essere ulteriormente arricchiti e rielaborati nel futuro. Ciò potrà essere fatto solo nell’incontro fisico di noi persone, attraverso quel fondamentale canale di comunicazione che è l’incontro e la relazione, di cui siamo rimasti improvvisamente privati in questi mesi.”
Prof. Lodovico Berra, Psichiatra e Psicoterapeuta, direttore dell’ISFiPPTrovate la rivista a questo link, buona lettura e buon pensiero: